lunedì 6 agosto 2012

Max Weber


Max Weber (1864 – 1920) si laurea nel 1889 con la tesi dal titolo Storia delle società commerciali nel Medioevo. Tra le sue opere abbiamo: Su la storia romana nel suo significato per il diritto pubblico e privato, L'oggettività conoscitiva della scienza sociale e della politica sociale, Studi critici sulla logica delle scienze della cultura, L'etica protestante e lo spirito del capitalismo, Le sette protestanti e lo spirito del capitalismo, Il senso della avalutabilità delle scienze sociologiche ed eonomiche, e, infine, postumo, Economia e società. La sua riflessione sui limiti e sulle funzioni delle scienze storico sociali esclude sia l'oggettivismo materialistico e positivistico, con le sue pretese di possedere carattere scientifico in quanto si basa sull'analisi dei fatti, sia le tendenze intuizionistiche e psicologizzanti tendenti nello storicismo a cogliere l'irripetibilità e peculiarità dell'individuale avvenimento storico.
Per quanto riguarda il fatto, il dato delle scienze storico – sociali, bisogna riconoscere che si tratta di una realtà inesauribile nella sua poliedricità, e di fronte ad essa è, pertanto, possibile procedere scientificamente soltanto compiendo delle scelte, selezionando certi aspetti e costruendo sulla loro base dei tipi ideali che non possono essere mai giudicati mediante criteri assoluti, ma soltanto in base alla loro efficacia nel consentirci di connettere razionalmente i processi storici e sociali in questione. I tipi ideali, ossia i concetti generali in base a cui vengono spiegate e definite certe realtà storiche e sociali (Cristianesimo, capitalismo, ecc.) oppure certe strutture (Stato, Chiesa, Setta) non sono dunque rappresentazioni del reale; in un certo senso, anzi, hanno un carattere necessariamente e dichiaratamente utopico, poiché indicano dei modelli razionali, dei concetti – limite a cui commisurare la realtà per comprenderla, ma sempre in una chiave precisa e non esaustiva. Questi argomenti vengono affrontati nel saggio L'oggettività conoscitiva della scienza sociale e della politica sociale.
Weber afferma avalutabilità delle scienze, e cioè il fatto che esse non possono decidere nulla circa i valori, ossia circa le ragioni delle scelte politiche, morali, religiose, ecc. Una scienza, pertanto, non può prescrivere a nessuno ciò che egli deve fare, ma può insegnargli semmai ciò che può fare in base ai mezzi a sua disposizione e alle condizioni storiche in atto e consentirgli, quindi, il massimo di razionalità possibile nel comportamento. Da ciò la fondamentale distinzione tra scienza e politica, e ciò non perché la scienza non può avere delle implicazioni politiche, ma nel senso che non tocca alla scienza motivare le scelte politiche; ma semmai è compito della scienza mettere in luce i modi e le motivazioni delle scelte politiche. Inoltre, tocca alla scienza studiare in che misura esista coerenza tra i loro fini e i mezzi scelti per realizzarli. La teoria politica diviene pertanto uno sforzo volto a chiarire i motivi di legittimazione di ciò che si intende con tale termine. Secondo Weber si possono individuare tre grandi tipi di legittimazione dell'esercizio del potere, che sono rispettivamente:
  1. quella di carattere razionale, che poggia sulla credenza nella legalità di ordinamenti istituiti e del diritto di comando di quelli che sono chiamati a esercitare il potere legale in base ad essi;
  2. quella del carattere tradizionale, fondata sulla credenza nel carattere sacro delle tradizioni patriarcali o patrimoniali e nella legittimità di quelli che sono investiti di un'autorità;
  3. quella di carattere carismatico, che poggia sulla dedizione e fiducia personale nel carattere eroico o in altre qualità di un capo” (da Economia e Società).
Inoltre, Weber opera una distinzione tra etica dell'intenzione o della convinzione ed etica della responsabilità. Secondo la prima conta solo la fedeltà ai principi, prescindendo completamente dalla valutazione delle possibili conseguenze; per la seconda, invece, bisogna tenere conto dei limiti dell'umanità e del fatto che il raggiungimento di fini (considerati buoni) può implicare l'uso di mezzi sospetti o conseguenze negative. Tra le due etiche non vi può essere comunicazione.
Per quanto riguarda l'azione politica è inevitabile riconoscere che deve avvalersi della violenza legittima con le sue necessarie conseguenze e fare i conti con il possibile realizzabile secondo criteri ragionevoli, anche se non assoluti o ottimali.
La sociologia si distingue dalle scienze storiche in quanto non studia i fenomeni storici e sociali, ma semmai l'agire sociale o, in altri termini, gli atteggiamenti umani.
La ricerca di metodi razionali non è solo un aspetto della scienza, ma corrisponde esattamente alla situazione attuale dell'uomo. Il processo di razionalizzazione ha portato al totale disincantamento del mondo e alla caduta di tutte le premesse teologiche e metafisiche sulle quali in altri tempi si fondavano giudizi unitari di valore. Ciò significa che non vi sono più potenze misteriose incalcolabili che entrino in gioco nella vita (nel senso lato del termine), ma che tutto, in linea di principio è dominabile mediante calcolo. Tale visione provoca il cosiddetto disincantamento del mondo. Noi viviamo, pertanto in un mondo senza Dio e senza profeti, in un mondo dove la razionalità ci sovrasta come una gabbia d'acciaio, per cui una istituzione perfettamente razionale al suo interno finisce per sovrastarci, tanto che il funzionario deve obbedire al sistema a cui non può ribellarsi. Per Weber non si ha un modo per evitare tali asfissianti razionalizzazione, l'unica cosa che può fare l'intellettuale è rendersi conto della situazione per meglio muoversi all'interno di essa.

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