sabato 31 dicembre 2016

La scuola pitagorica

La scuola pitagorica venne fondata da Pitagora a Crotone nel 530 a.C. sull'esempio offerto dalle comunità orfiche e dalle sette religiose sorte in Egitto e a Babilonia.
La scuola di Crotone, appartenente al periodo presocratico, si contraddistinse per gli interessi per la matematica, per la musica, per l'astronomia e per la filosofia; e, si configurò, sin dall'inizio, come una setta mistica, aristocratica e scientifica.
Giamblico, in Vita di Pitagora, ci testimonia il carattere misterico del movimento con queste parole:
« Dinanzi agli estranei, ai profani, per così dire, quegli uomini parlavano tra loro, se mai dovesse capitare, enigmaticamente per simboli [...] quali ad esempio: "Non attizzare il fuoco con il coltello" [...] che somigliano – nella loro pura espressione letterale – a delle regole da vecchietta, ma che, una volta spiegate, forniscono una straordinaria e venerabile utilità a coloro che le comprendono. Ma il precetto più grande di tutti in rapporto al coraggio è quello di proporre come scopo più importante di preservare e liberare l'intelletto [...]. "L'intelletto" infatti – a loro parere – "vede tutto e intende tutto, e tutto il resto è sordo e cieco". »
Giamblico, Vita di Pitagora, 227-228, In Summa pitagorica, traduzione di Francesco Romano, Bompiani 2006, p. 251.

La scuola, quindi, si definiva come comunità religiosa, ma anche come gruppo scientifico e partito politico aristocratico, che, in quanto tale, governò su alcune città dell'Italia meridionale.
L'aspetto mistico del movimento era dato dal fatto che per i greci il sapere coincideva con la liberazione dal peccato e con il conseguente avvicinamento alla deità. Tale concezione si inserisce nella definizione stessa del termine filosofia, e cioè di amore per il sapere, di desiderio di esso in una tensione che mai possiede del tutto l'oggetto, e cioè la conoscenza del tutto.
Bisogna, inoltre, sottolineare il fatto che solo pochi eletti potevano partecipare alle lezioni di Pitagora. Ed infatti, gli iniziati dovevano avere tempo e denaro per dedicarsi esclusivamente agli studi, con la conseguenza di trascurare qualsiasi altra attività remunerativa.
Secondo le testimonianze, Pitagora decise di fondare la scuola a Crotone a seguito del responso dell'oracolo di Delfi, che, interrogato dal filosofo, aveva predestinato che la comunità nascesse in questo centro urbano.
La scuola, quindi, sorgeva in tale città per volere del dio. In realtà, a Crotone si aveva avuto un fervido sviluppo scientifico e medico, che Pitagora, grazie al proprio sapere, alla propria cultura e al proprio carisma, seppe sfruttare per insediare un proprio governo.
La scuola poteva essere frequentata anche dalle donne ed offriva due tipi di insegnamento: uno pubblico ed uno privato.
Pitagora, durante le lezioni pubbliche, spiegava con parole semplici le basi della sua filosofia incentrata sui numeri come principio del Tutto. In quelle private, invece, gli insegnamenti, seguiti solo dagli iniziati, erano di livello più elevato.
Giamblico ci testimonia che i discepoli erano divisi in due gruppi.
Nel primo si avevano i matematici (mathematikoi). Questi costituivano la cerchia degli scolari più ristretta. Essi vivevano all'interno della scuola, praticavano la castità, non mangiavano carne, avevano rinunciato ad ogni avere materiale e avevano l'obbligo di mantenere il segreto sugli insegnamenti appresi. I matematici erano i soli che potevano intervenire e interloquire con il maestro durante il corso delle lezioni.
Nel secondo gruppo si avevano gli acusmatici (akusmatikoi). Essi costituivano la cerchia più larga degli allievi e non erano obbligati a vivere all'interno della scuola, a praticare il celibato e ad astenersi dal mangiare carne. Anche loro dovevano mantenere il segreto sugli insegnamenti del maestro e non potevano intervenire durante le lezioni.
Il carattere misterico – religioso della scuola è confermato dal fatto che le dottrine di Pitagora venivano considerate inconfutabili, e cioè dei veri e propri dogmi, che, in quanto tali, non potevano essere posti in discussione. Famoso è il detto in difesa di Pitagora: “autòs epha” (ipse dixit), e cioè “lui l'ha detto”. Questa espressione chiarisce bene l'atteggiamento degli scolari verso il maestro, dalla cui bocca potevano essere dette solo verità assolute.
Le lezioni venivano impartite nella “Casa delle Muse”, un imponente tempio collocato all'interno delle mura di Crotone, in marmo bianco e circondato da magnifici giardini e portici.
Per Pitagora la salute di un uomo coincideva con l'armonia dell'uomo con se stesso e con il tutto. Viceversa la malattia era il risultato di una disarmonia dell'individuo (microcosmo) con l'universo (macrocosmo). Diveniva necessario, quindi, ristabilirne la giusta armonia.
L'anima, concepita come immortale, doveva essere mantenuta pura ed incontaminata. Tal fine bisognava svolgere e praticare tutta una serie di culti ascetici, sia spirituali che fisici.
Bisognava, ad esempio, fare delle passeggiate solitarie mattutine e serali, praticare esercizi fisici quali corsa, ginnastica e lotta. Era vietato bere del vino, mangiare pietanze complesse, raccogliere un oggetto caduto per terra, toccare un gallo bianco, addentare una pagnotta intera, mangiare il cuore di un animale e camminare sulle strade maestre.
Inoltre, era severamente vietato cibarsi di fave e, addirittura, bisognava evitare qualsiasi tipo di contatto con questa pianta. La leggenda narra che Pitagora, inseguito dai militari di Cilone di Crotone, preferì farsi raggiungere ed uccidere piuttosto che mettersi in salvo in un campo di fave.
La musica, considerata un mezzo per la purificazione del corpo e dell'anima, divenne oggetto di molteplici studi. Questi permisero di scoprire la frequenza dell'onda acustica, e cioè il rapporto numerico alla base dell'altezza dei suoni. La leggenda racconta che Pitagora giunse a tale conoscenza riempendo un'anfora d'acqua e percuotendola. Fatto ciò ne usciva una nota, che cambiava di tonalità togliendo una parte dell'acqua.
Molto probabilmente furono proprio gli studi sulla musica a fare maturare l'interesse per l'aritmetica, che veniva intesa come teoria dei numeri interi. Quest'ultimi erano considerati non entità astratte, ma concrete. I numeri, infatti, venivano concepiti come grandezze spaziali, aventi un'estensione e una forma e rappresentati geometricamente (l'uno era il punto, il due la linea, il tre la superficie e il quattro il solido).
Pitagora, quindi, considera il numero come principio di tutte le cose. Importante è la testimonianza di Aristotele, che, a tal riguardo, scrive,
« Sembra adunque che questi filosofi nel considerare il numero come principio delle cose esistenti ne facciano una causa materiale come proprietà e come modo. Come elementi del numero fissano il pari e il dispari, il primo infinito, l'altro finito. L'uno partecipa di ambedue questi caratteri (essendo insieme pari e dispari). Ogni numero proviene dall'uno e l'intero universo, come già ho detto, è numeri. Altri fra di loro dicono che i principi sono dieci [...] »
Aristotele, Metafisica, I, 5, 986a, citato in Pier Michele Giordano, I presocratici, Edizioni ARS G. L., Vercelli 1996, pp. 103-104

A Pitagora è associata la teoria del tetraktys, e cioè del “numero triangolare”. Essa era rappresentato mediante un triangolo, alla cui base si hanno quattro punti, che decrescono di una unità sino alla punta. Il totale di tutti i punti è di dieci, e cioè di 1+2+3+4=10. Il tetraktys era espressione e sintesi delle quattro specie di enti geometrici: il punto, la linea, la superficie e il solido, ed era ritenuto sacro. Esso, infatti, simboleggiava l'universo, l'armonia e i rapporti numerici che sottostanno al cosmo.
Questo tipo di matematica pitagorica era definita “aritmogeometria” e fece concepire il numero come archè, come principio primo di tutte le cose.
I pitagorici, quindi, al contrario dei filosofi naturalisti, pongono come archè il numero, un'entità che si pone al di là del sensibile perché fonda il reale secondo rapporti quantitativi, e non qualitativi.
A tal proposito, affermava Filolao: «Tutte le cose che si conoscono hanno numero; senza questo nulla sarebbe possibile pensare né conoscere.» Diels-Kranz, 44 B 11; (EN) : frammento 4.
Il numero, per l'importanza che assunse presso la scuola pitagorica, venne studiato nelle sue proprietà di numero pari e dispari, di numero perfetto e di numero triangolare. Ai pitagorici si deve la scoperta del teorema che chiarisce che la somma degli angoli interni di un triangolo è pari a due angoli retti.
Famoso è, invece, il teorema che recita che in un triangolo rettangolo, il quadrato costruito sull'ipotenusa è equivalente alla somma dei quadrati costruiti sui cateti, e cioè l'enunciato del teorema noto come teorema di Pitagora. I pitagorici, inoltre, posero la soluzione geometrica di alcune equazioni algebriche e scoprirono i numeri irrazionali. Quest'ultima conoscenza venne taciuta perché contraddiceva la teoria pitagorica secondo cui tutte le quantità possibili sono esprimibili come frazioni. Infine, ad essi si deve la costruzione dei solidi regolari.
Per i pitagorici esiste una coppia di principi originari. Essi sono:
  • l’Uno, o principio limitante;
  • la Diade, o principio di illimitazione.

Tutti i numeri derivano da questi due principi. Ed infatti, dal principio limitante si hanno i numeri dispari; dal principio illimitato si hanno i numeri pari. I dispari, al contrario dei pari, venivano ritenuti perfetti.
Dall'opposizione dei numeri si ricavavano dieci coppie di contrari, che spiegano il costituirsi di tutta la realtà e l'armonia del cosmo.
Gli opposti pitagorici vengono definiti da Aristotele come principi. Essi sono:
1.Limitato-Illimitato
2.Dispari-Pari
3.Unità-Molteplicità
4.Destra-Sinistra
5.Maschio-Femmina
6.Quiete-Movimento
7.Retta-Curva
8.Luce-Tenebre
9.Bene-Male
10.Quadrato-Rettangolo
Aristotele, Metafisica, 985b-986a.
La matematica pitagorica entra in crisi con il discepolo Ippaso di Metaponto. Questi, scoprendo le grandezze incommensurabili, rese impossibile il considerare tutte le grandezze come multiple della grandezza punto.
I pitagorici avevano una profonda venerazione per la sfera. Essa, infatti, avendo tutti i punti che la costituiscono equidistanti dal centro, rappresentava l'armonia. Il centro, a sua volta, essendo il fulcro del solido, teneva insieme tutto quanto il corpo geometrico.
Al pitagorico Alcmeone di Crotone è data la teoria encefalocentrica, e cioè la constatazione che è il cervello l'organo centrale delle sensazioni.
Fu questa una scoperta rivoluzionaria. Ed infatti, sino ad allora, soprattutto per merito degli egiziani, si riteneva che fosse il cuore l'organo centrale del corpo umano.
Le più importanti ed avanzate scoperte astronomiche vennero effettuate dai pitagorici Filolao di Crotone e Iceta di Siracusa. Essi posero al centro dell'universo un immenso fuoco, detto Hestia. Attorno ad essi giravano i pianeti.
Il primo di essi è l'Anti – terra, poi la terra, quindi il Sole, la Luna, gli altri cinque pianeti e, infine, il cielo delle stelle fisse. L'Anti – Terra nasceva per spiegare le eclissi e per fare giungere il numero dei pianeti a dieci, e cioè a quel numero sacro di cui abbiamo già parlato e che veniva rappresentato con il tetrakis.
I pianeti girano intorno a questo grande fuoco secondo rapporti numerici armoniosi e generano un suono raffinato e sublime. L'uomo avverte e sente questi suoni armonici del cosmo, ma non riesce a percepirli in maniera chiara e distinta perché immerso in questo universo sin dalla nascita.
Per il pitagorico Alcmeone l'anima è immortale perché costituita dalla stessa natura del Sole, della Luna e degli astri e nasce dai rapporti numerici.
L'anima immortale, mediante una serie di reincarnazioni, si ricongiungerà con l'anima del mondo. Per fare ciò, però, l'uomo deve esercitarsi alla contemplazione secondo le direttive derivate dall'orfismo e mediante l'ascesi derivante dalla constatazione della sublime armonia data dal numero e dai rapporti numerici.
La scuola entrò in crisi per motivi essenzialmente politici. Ed infatti, i pitagorici erano sostenitori dell'aristocrazia. Quest'ultima, però, entrò in crisi nel 450 a.C., quando vi furono le ondate rivoluzionarie di stampo democratico.


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